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Well(c)home. Benvenuti a casa

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Si vive in autonomia: ci si incontra, ci si conosce, si ha tempo e spazio per sé e per gli altri. Si gestisce la propria vita quotidiana e il supporto di operatori e operatrici è un sostegno e non una sostituzione, meno ancora è mero e vuoto assistenzialismo. I numeri dell’accoglienza sono ridotti a una quindicina di persone per consentire un approccio inclusivo e permettere agli operatori di seguire al meglio i percorsi, con un’attenzione costante alla relazione con il territorio. Nel quartiere romano di Montesacro, cuore del III Municipio di Roma, si sperimenta con successo un modo di fare accoglienza che dà spazio e valore alle relazioni sociali e ai percorsi personali. Una scelta che si intravede in tutto, a partire dalla struttura stessa del centro, posto in un comprensorio dove vivono molte altre famiglie: non c’è separazione tra le persone, al contrario ci si incontra sul pianerottolo, si chiacchera con il portiere… Non sempre la vita è meravigliosa ma, nel bene e certamente anche nel male (ci mancherebbe! A Montesacro c’è anche una via Gran Paradiso, ma anche lì nessuno porta le ali), l’appartamento di cinque stanze che ci racconta Serena Chiodo sembra proprio come la vita dovrebbe essere

Un appartamento composto da cinque stanze, tre bagni e una cucina, al primo piano di un condominio. Una casa, nel vero senso della parola: questo è Well(c)home, centro Sprar (poi Siproimi) gestito dalla cooperativa Idea Prisma. Già nel nome indica l’idea che sta alla base di quest’esperienza, e che si respira appena si varca la porta di ingresso: benvenuti a casa.

Siamo nel quartiere Montesacro, cuore del III Municipio di Roma, una zona piena di servizi e ben collegata dai mezzi pubblici. Qui dal 2014 si sperimenta con successo un modo di fare accoglienza che dà spazio e valore alle relazioni e ai percorsi personali. Una scelta che si intravede in tutto, a partire dalla struttura stessa del centro, posto all’interno di un comprensorio dove vivono molte altre famiglie: non c’è separazione tra le persone, al contrario ci si incontra sul pianerottolo, si chiacchera con il portiere. Scene di vita normali, verrebbe da dire: ma spesso ai richiedenti asilo e rifugiati presenti in Italia mancano anche queste piccole azioni quotidiane, a causa della predominanza del modello di ‘accoglienza’ emergenziale, basato sui CAS (Centri accoglienza straordinari), lontani dai centri abitati e dalle infrastrutture, e pensati per grandi numeri (qui un approfondimento di Medici per i Diritti Umani sul sistema Cas).

Il centro Well(c)home si pone esattamente all’opposto: qua ci si incontra, ci si conosce, si ha tempo e spazio per sé e per gli altri. Qua si vive in autonomia, si gestisce la propria vita quotidiana, e il supporto di operatori e operatrici è, appunto, un sostegno e non una sostituzione né un mero e vuoto assistenzialismo. I numeri dell’accoglienza sono ridotti a un massimo di una quindicina di persone, per consentire un approccio inclusivo e permettere agli operatori di seguire al meglio i percorsi, con un’attenzione costante alla relazione con il territorio: è nel municipio che vengono, ad esempio, attivati tirocini formativi e prove lavoro, in attività del quartiere già conosciute a operatori e ospiti del progetto Sprar. L’attenzione alla persona ha permesso anche alcune sperimentazioni: anni fa l’appartamento ha ospitato una donna romana in emergenza abitativa, evitandole l’ingresso in una struttura più grande e spersonalizzante.

Tra gli elementi fondamentali dell’esperienza Well(c)home, il responsabile Emanuele Petrella evidenzia proprio la prossimità con il territorio: una vicinanza non solo geografica, ma anche e soprattutto relazionale.  “Il fatto di poter stare dentro un territorio e poterci dialogare, tanto con gli enti istituzionali quanto con le realtà associative, i servizi, gli spazi commerciali, costruisce delle reali occasioni di inclusione e permette alle persone di sperimentarsi all’interno di una comunità”.
È questo forse il segreto della buona accoglienza: dare spazio alla comunità, farne parte e rinnovarla continuamente con il proprio sguardo e apporto. A ben vedere è il segreto di una buona società. Ma non è un segreto: esperienze come questa esistono e tracciano dei percorsi. Seguirli o meno è una scelta politica.

Fonte: Forum per cambiare l’ordine delle cose.
Le fotografie provengono dalla pagina fb di Well(c)home e Coop. Idea Prisma. 

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Il Rapporto 2020 sull’accoglienza diffusa, a cura della redazione di Comune-info: 150 pagine che raccontano una realtà segnata da rapidi mutamenti e processi complessi. Sfogliato quando se ne ha voglia, o letto con attenzione poco per volta, può servire a capire meglio ciò che accade e a rispondere al desiderio di cambiare in profondità il mondo e noi stessi. Con le straordinarie fotografie di Giovanni Izzo


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